Il primo obiettivo è il “gioco” che è il mezzo per far
migliorare i giocatori. Gioco inteso come guida comune a cui tutti i ragazzi si
affidano per prendere iniziative utili alla squadra. Iniziative collegate allo
“stare in campo”, alla lettura delle situazioni, all’organizzazione. E’ una
sorta di pensiero comune su come vedere e interpretare il “calcio”.
E il collettivo diventa un mezzo
per far diventare i giocatori più bravi e non il fine per raggiungere risultati
solo numerici. Un altro concetto chiave è dato dal verbo “pretendere”. Si tratta di far capire al giocatore che, in base alle
proprie qualità, deve sempre cercare di dare
il massimo in allenamento e in gara. Cosi si costruisce la giusta
mentalità, quella vincente. Una mentalità che si basa sul sacrificio,
sull’impegno, sull’educazione. Una
mentalità che mira all’autonomia, non all’imposizione :vogliamo
protagonisti non “burattini”.
I giocatori devono avere il
piacere di apprendere per se stessi, non perché “bombardati”da richieste da
parte dell’allenatore.
Per capirci, devono avere il desiderio di leggere un libro, non farlo
perché l’insegnante li obbliga.
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